SANDRO ZANELLA

storico, avvocato, simpaticissimo cabarettista e grande amico

 

Cabarettista, avvocato e storico: Zanella svelò i segreti di Dongo

“Tragica alba a Dongo”: film di Vittorio Crucillà del 1950, bloccato dalla censura, riapparso soltanto nel 1989 per subito scomparire, recuperato e restaurato ora dal Museo del Cinema. Percorso tormentato come la tragica fine di Benito Mussolini e di Claretta Petacci, dopo 70 anni ancora dentro le controversie degli storici, tra i quali ha avuto un ruolo significativo il mantovano Alessandro Zanella

 

“Tragica alba a Dongo”: film di Vittorio Crucillà del 1950, bloccato dalla censura, riapparso soltanto nel 1989 per subito scomparire, recuperato e restaurato ora dal Museo del Cinema, proiettato lunedì scorso al Torino Film Festival. Percorso tormentato, dunque, come la tragica fine di Benito Mussolini e di Claretta Petacci, dopo 70 anni ancora dentro le controversie degli storici, tra i quali ha avuto un ruolo significativo il mantovano Alessandro Zanella, che conciliava la professione di avvocato penalista a quella di appassionato ricercatore. Il cronista vostro non potrà che associarsi a quanti condivideranno questi ricordi, tante erano le occasioni legate alla sua prorompente personalità.

Il 23 maggio è passato con il 15° dalla prematura scomparsa, a 60 anni. Ma l’alba di Dongo, di cui al film, non può che collegarsi a “L’ora di Dongo”, libro-inchiesta di Sandro, edito da Rusconi nel 1993 e subito con l’effetto di una scintilla a riaccendere il dibattito tra i “dongologi”.

La Gazzetta di Mantova aveva presentato l’opera il 2 gennaio 1993 con Stefano Scansani che (e anca mi, dopo) doveva resistere alla spiegabile incredulità sul lavoro rivelato dall’autore: 10 anni d’indagine, 252 interviste, 40 mila titoli di libri e altrettanti articoli di giornale e documenti consultati in tutt’Italia e in Europa.

 

 
«Non credo d’aver mai letto nulla di simile» scriveva sul Corriere della Sera Silvio Bertoldi e, data la statura del giornalista, equivaleva a una decorazione sul campo. Zanella aveva analizzato e contestato le 22 diverse versioni raccolte su quell’ora di Dongo, tutte per lui inaccettabili, per concludere che Benito e Claretta erano stati uccisi a Bonzanigo, con spostamento dei cadaveri e seconda esecuzione a Giulino.

 

Enigma italiano, dei molti, seguito da morti misteriose di personaggi coinvolti e di testimoni, da apparizioni di servizi segreti, da ricerche di casse nel lago di Garda, anche con il sottomarino di Jacques Piccard. Non andrò oltre nel labirinto della storia, tante volte percorso, per rimanere invece accanto all’altro Sandro, destinatario di prove d’amicizia così profonde da animare un Comitato Zanella e, nel 2010, un volume curato da Sandro Signorini, che già dal titolo anticipa spirito e contenuti: “Teniamoci visti e il più possibile su di giri”.

Scritti e una galleria di immagini cercano di ricostruire il mosaico Zanella, che è anche quello di una certa Mantova degli anni del boom: e lui avvocato, politico socialdemocratico di destra, come si autodefiniva, consigliere comunale in città e deputato mancato del Msi per soli 12 voti, raffinato collezionista di pittura, con raccolta di libri di storia del ’900.

«La più importante d’Italia dopo Spadolini», detto da lui.

Ma era anche e tanto “Canella”, mattatore della rivista “Su di giri” al Sociale, cabarettista perfino al Casino di St. Vincent, fondatore di Club dal Gabbia al “Montanara Curtatone” e al ’59, riassuntivi del dibattito politico visto da destra ma soprattutto della movida mantovana d’allora. Alla Gazzetta non sfuggiva l’impensabile processo a Mike Tyson, stupratore assolto nell’aula del Club ’59 in via Corrado, come raccontava Maria Grazia Savoia il 29 febbraio 1992. Riaperto lo sportello delle nostalgie.