RASSEGNA STAMPA SULL'ASSEMBLEA DEL 2 LUGLIO 2007

(La Voce di Mantova del 5 luglio 2007, pag. 16)

 

teatro sociale - il vicepresidente del massimo cittadino, alberto capilupi, dice la sua sulla gestione

 

Ecco perché la proposta del Comune è inaccettabile

 

Tirato in ballo, a suo dire met­tendogli in bocca delle imprecisioni, il vipresidente del Teatro Sociale di Mantova, Alberto Capilupi, mette i puntini sulle "i". «La proposta del Comune - spiega - ci è sembrata troppo drastica per sottoporla, senza limature, all'assemblea dei palchettisti di lunedì scorso. Auspico, comunque, che si trovi una soluzione che coinvolga le istituzioni locali, ma con altri termini».

 

Il vicesindaco di Mantova e assessore alla cultura, Paolo Gianolio, pare non avere nessuna intenzione di modificare una proposta di gestione del teatro Sociale che ritiene «seria, dettagliata e in grado di garantire un futuro all'attività della sala». Da parte sua, il presidente del Massimo cittadino, Guido Benedini, pur non chiudendo la porta in faccia a nessuno, ritiene la proposta del Comune «inadeguata sotto il profilo artistico» e per questo sta valutando altre proposte di gestione (si parla del teatro Coccia di Novara al cui direttore artistico, Carlo Pesta, è già stato affidato il compito di allestire la prossima stagione lirica, come anticipato su queste pagine martedì). Intanto lunedì scorso, durante l'assemblea dei palchettisti proprietari del Sociale, la proposta del Comune e della Provincia non è stata neppure messa all'ordine del giorno, ma se ne è parlato animatamente.

 

Professore Capilupi, come mai avete deciso di non in­serire all'ordine del giorno la proposta di gestione avanzata da Comune e Provincia di Mantova?

«Perché ci è parsa inaccettabile la drasticità con cui gli enti l'hanno formulata. Chiedevano (nota: nel testo è scritto erroneamente: chiedevamo) ai proprietari la possibilità di gestire la struttura per 12 mesi su 12, mentre noi avremmo preferito una gestione più elastica, come quella, per intenderci, del Filarmonico di Verona, dove il Comune ha l'affitto della struttura per 11 mesi su 12».

 

Può chiarire il problema degli affitti dei negozi, dei bar, dell'Ugni e della scuola di ballo?

«Nel documento del Comune, c'è scritto che restano esclusi dal contratto di locazione (della durata di 10 anni, per la cifra di 150mila euro all'anno da reinvestire nella ristrutturazione del teatro, ndr) gli immobili non strettamente pertinenti al teatro (negozi, bar, ecc...) ma includono, oltre il teatro intero, gli uffici dello stesso e ogni altro eventuale spazio necessario alla piena funzionalità teatrale e anche gli spazi ora dell'Ugm e della Scuola di ballo. Si era detto che Ugm e scuola di ballo sarebbero rimasti di nostra pertinenza, al pari di negozi e bar e, inoltre, i toni della proposta suonano come un'occupazione, uno sfratto. Forse il Comune ha frainteso: a noi non interessa tanto dare in affitto il teatro, quanto piuttosto garantirgli una competente gestione artistica. La Toscanini, ad esempio, ha gestito la stagione lirica senza mai occupare mezza stanza del Massimo».

 

Quindi il discorso col Comune è chiuso? «No, anzi, colgo l'occasione per invitare i rappresentanti comunali a un tavolo di confronto sul quale si possano limare le posizioni, trovando un'intesa. A mio parere sarebbe molto importante coinvolgere gli enti pubblici nella gestione, ma un accordo deve essere trovato sulle basi di un confronto serio che miri a fornire un servizio culturale di qualità al pubblico».

Emanuele Salvato