VISTO, 26 luglio 1996, pagg. 16 - 17 - 18

Attento Bossi, al Sud fai la figura del salame

Nella foto da sinistra i promotori dell'iniziativa: Arnaldo De Pietri, 28 anni, Alberto Capilupi, 50, Mario Tenedini, 55.

di CARMEN TANCREDI

Mantova, luglio.

E dire che Ezechiello Levoni, 54 anni, titolare di una ditta di salumi di Castellucchio, a una decina di chilometri da Mantova, si è scelto come testimonial un "terrone doc" come Lino Banfi, per conquistare i mercati del Sud. Ma a quanto pare i clienti meridionali più che alla pubblicità con l'attore pugliese prestano attenzione alla provenienza delle mortadelle, dei salamini e dei prosciutti: vedono che arrivano da Mantova, città ormai nota come capitale della Padania, come cuore della secessione evocata da Umberto Bossi, e chiudono i portafogli.

«Anzi, vi dico di più: ho fatto fare personalmente un piccolo sondaggio tra le radio e le televisioni private del Sud», racconta Lino Banfi. «E sapete che cosa ne è venuto fuori? Che la gente ha dichiarato che se fosse per me comprerebbe quintali di questi prosciutti e prosciuttelli, mortadelle e coppe, ma siccome questo ben di Dio viene da Mantova, la terra di Bossi, loro per questi insaccati non spendono neppure una lira. Mi hanno scritto:"Lino, ci sei così simpatico che ci ingozzeremmo dei salumi che pubblicizzi: ma noi un favore a quello che vuole la secessione non lo facciamo. Dice che vuole anche la moneta della Padania, noi non possiamo metterci certo a favorire l'economia della sua capitale. I mantovani se li vendano a casa loro, i prosciutti". Beh, io li capisco, questi meridionali: sono "terrone" anch'io e devo dire che le follie di Bossi ci stanno offendendo davvero. Però, mi spiace per Ezechiello Levoni: lui lavora, e non è giusto che venga penalizzato dai deliri della Lega.

«Certo, Ezechiello Levoni fa ottimi affari al Nord e, per paradosso, anche grazie alla mia immagine di "terrone" le vendite di salami sono aumentate, nell'area sopra il Po», continua Lino Banfi. «Ma da Roma in giù la gente non vuole proprio saperne di comprare i prodotti che arrivano dalla Padania. Io, comunque, lancio un appello: spero che i meridionali lascino perdere certi comportamenti drastici e che decidano di superare le offese di Bossi con eleganza. In fondo, Mantova non ha nulla a che vedere con la Lega e così neppure il proprietario del salumificio Levoni».

Intanto Ezechiello Levoni, che con il fratello Paolo e il cugino Mario gestisce un'azienda che esiste dai primi del Novecento, ha preso carta e penna e ha scritto a prefetto, associazione industriali e ai vertici della Lega Nord. «I nostri consumatori del Centro Sud stanno manifestando sintomi di disaffezione ai nostri prodotti», si legge nella lettera, «per il solo fatto che la nostra azienda è della provincia di Mantova. Se il fenomeno dovesse continuare, la nostra prima necessità sarà quella di spostare la sede sociale e amministrativa presso qualche altro nostro stabilimento fuori provincia».

Insomma, via da Mantova se si vuole vendere al Sud: Bossi e i suoi proclami di secessione sembrano proprio un cattivo biglietto da visita, una volta superato il Po. «Io non ho niente contro Umberto Bossi: l'ho pure votato, alcuni anni fa. quando condividevo alcune posizioni del Carroccio, come la razionalizzazione dello Stato. Ma a questo punto io devo pensare al benessere della mia azienda», evidenzia Ezechiello Levoni.«I miei agenti segnalano ormai con troppa insistenza il malumore che circola al Sud nei confronti dei mantovani. Mi metto anche nei panni della gente meridionale che si sente dire di tutto da Bossi e che sente parlare di Mantova solo come della capitale della Padania: è ovvio che preferiscano comprare altrove, piuttosto che fare affari con noi. Perciò chiedo che le istituzioni si muovano: si spieghi a tutta l'Italia che i mantovani non c'entrano proprio nulla con Bossi e con le sue idee di secessione, altrimenti sarà il tracollo dell'economia della provincia. Io, comunque, ho già deciso: o si pone un freno alla situazione o trasferirò lontano da Mantova la sede amministrativa dell'azienda».

E a quanto pare, i timori di Ezechiello Levoni non sono affatto infondati: il Sud avrebbe proprio deciso di istituire una sorta di "embargo" contro i prodotti che arrivano dalla Padania. Giancarlo Cito, deputato tarantino del gruppo misto, soffia sul fuoco: «Contro le offese di Umberto Bossi non c'è altro da fare», sostiene l'onorevole che proprio a Mantova ha organizzato una marcia antisecessione. «Sono stato io a invitare la gente meridionale a non comprare più nulla di quanto arriva dalla Padania e da Mantova in particolare. Ed evidentemente la gente mi ascolta».

Anzi, c'è pure chi si organizza spontaneamente, per boicottare il Nord che non prende le distanze da Bossi: come Domenico Palmieri, gioielliere di Campobasso (Visto «.27), che ha affisso un manifesto-proclama in cui annuncia che non comprerà più prodotti che arrivino dalla Padania, né manterrà rapporti commerciali con aziende che abbiano sede o ragione sociale in Padania. «Se Bossi fa la secessione, noi del Sud faremo fallire tutte le imprese della Padania», ha dichiarato. E nell'area di Mantova e dintorni c'è già chi si è spaventato e ha deciso di rifarsi il look, pur di non perdere una fetta di mercato.

È il caso della "Padania srl", azienda produttrice di latte e derivati, con sede a Casalmaggiore, in provincia di Cremona. ma a pochi chilometri dal confine mantovano. «Ormai la gente del Sud associa il nome Padania alle sceneggiate di Bossi: il risultato è che si perde in credibilità. Noi abbiamo dovuto adottare un drastico provvedimento», spiega Luigi Ghisini. 39 anni, di Sabbioneta (Mantova), amministratore delegato della "Padania srl". «Per riuscire a mantenere lo stesso livello di vendite di qualche anno fa nel Lazio, abbiamo cambiato il marchio sui cartoni dei prodotti diretti in questa regione. Insomma nell'area di Roma noi piazziamo derivati dal latte con la dicitura "Antico Casale". Con il nome Padania non avremmo più venduto uno spillo».

Di fronte a un tale boicottaggio, era anche prevedibile che i mantovani corressero ai ripari: così proprio nel cuore della città capitale del Nord da un mese è nato il Movimento Italia Unita, movimento civico trasversale d'opinione, che conta già centinaia di associati. «Soprattutto vogliamo difendere la nostra dignità di cittadini, non ne possiamo più di essere identificati, in qualunque parte d'Italia, come quelli che danno man forte a Bossi», spiega Alberto Capilupi, insegnante Isef, maestro di tennis, 50 anni, che con Mario Tenedini, 55 anni, commerciante, Gianni Lui, 60 anni, agente di turismo, e Arnaldo De Pietri. 28 anni, pubblicitario, sta lavorando alla promozione del movimento. «Al Sud basta che vedano la targa Mantova e subito l'atteggiamento nei nostri confronti cambia», sottolinea Alberto Capilupi. «La gente non si fida più di noi, ci dileggia, ci considera tutti degli stupidi. Senza contare che noi mantovani ci teniamo all'unità d'Italia, altro che i proclami di Bossi. E ora abbiamo anche un nostro adesivo: lo attaccheremo sulle auto, sulle valigie, sui vestiti. Così tutti sapranno che siamo noi i "mantovani doc", quelli cioè che non solo non vogliono la secessione, ma che, se potessero, farebbero subito sloggiare altrove Umberto Bossi e la sua Lega».

Carmen Tancredi